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Chiesa di San Pancrazio

Chiesa di San Pancrazio - Taormina

La chiesa di San Pancrazio, situata a pochi passi dal centro di Taormina, nasce sui resti del tempio greco dedicato a Giove Serapide. Parti delle mura del tempio sono stati incorporati nella chiesa, e fanno parte integrante dei muri nord e sud di essa.

Oggi si crede che il tempio di Giove Serapide fosse un tempio esastilo, cioè formato da sei colonne sorreggenti il frontone rivolto ad oriente, le quali formavano un portico antistante la cella del tempio contenente il simulacro della divinità.

A prova dell'origine della chiesa, nel cortile d'ingresso si trova uno spezzone di colonna di granito grigio, che fu trovato durante i lavori di pavimentazione dello stesso cortile.

L'origine dell'edificio è inoltre provato da vari reperti archeologici trovati nel santuario. Uno di questi è il marmo con epigrafe che fu scoperto nel 1861 che reca l'incisione in sei esametri la seguente dedica in greco:

“O forestiero, qui presso questo portico di Serapide dedicò un sacro altare ad Estia (Vesta) il Barceo (di Barca in Libia) Carneade, figlio di Eucrito, neocòro (ministro del tempio), sua moglie Pizia e la figlia Eraso, affinché, o tu che reggi le superbe dimore di Giove (cioè Estia), essi abbiano sempre giocondo benessere di vita”.

Un’altra iscrizione latina su marmo, scoperta nel 1867, reca la seguente dedica:

Serapi Isi sacrum, C. Ennius Secundus votum A(nimo) P(io)”  (Caio Ennio Secondo fece un sacro voto a Serapide e Iside, con animo pio).

Altro reperto è la statua di Sacerdotessa di Iside col moggio, scoperta pure nel 1867 e che oggi si trova nel Museo Nazionale di Palermo. Un altro decisivo cimelio ritrovato è un anello d’oro recante un iscrizione in greco che tradotta significa "Ietro Ilio Sacerdote del Sole", per cui è chiaro che era l’anello del Sacerdote del tem­pio di Giove Serapide, il quale soprintendeva ai riti religiosi che vi si celebravano.

Possiamo congetturare che la prima chiesa di San Pancrazio fu costruita sulle rovine del tempio greco al tempo della dominazione bizantina in Sicilia, cioè fra il VI ed il IX secolo, dato che sembra che fino all’occupazione araba di Taormina, avvenuta il 10 agosto del 902, esisteva ancora nella chiesa la tomba del Santo, sulla quale pronunciava le sue omelie il Vescovo Gregorio Cerameo, che visse nel sec. IX. Si deve pensare che le reliquie del Patrono di Taormina furono portate a Roma prima che i Saraceni si impossessassero della città.

L’architettura della chiesa di San Pancrazio è di stile barocco ed essa risale alla seconda metà del 1600, quando la preesistente più piccola fabbrica fu ristrutturata e la chiesa ingrandita, sia in altezza che in lunghezza. Infatti, sulla facciata sud che incorpora il muro della cella del tempio greco, sono ancora visibili le primitive fi­nestre che sono state murate, lasciando in loco davanzali, stipiti e architravi.

La facciata principale della chiesa è rivolta ad est e mostra un monumentale portale, a cui si accede attraverso una breve gradinata composta di quattro gradini in pietra di Taormina.

Il portale ha stipiti ed architrave in pietra di Taormina ed è ornato da due colonne dì stile jonico per ogni lato, le quali poggiano su alte basi ed i cui capitelli sostengono un pesante architrave, fatto di sporgenze e rientranze. Fra le due colonne di destra c’è la statua di San Procopio, rappresentato con l’abito talare e con la mitria in testa, e con il suo cuore nella mano destra alzata, a significare il tipo di martirio che egli subì. Infatti, San Procopio era il Vescovo di Taormina al tempo della conquista araba di Taormina, che cadde sotto i Saraceni l'1 agosto 902, ed il santo fu martirizzato mediante l’estirpazione del cuore. Fra le due colonne di sinistra c’è la statua di un altro Santo Vescovo, presumibilmente San Massimo o San Pancrazio, rappresentato con l’abito talare e le insegne della sua dignità vescovile cioè i e bastone pastorale nella mano sinistra, mentre la destra è atteggiata ad un gesto di protezione. Questo portale barocco è fatto in ogni sua parte con i rinomati marmi di Taormina, policromi e screziati. Nei due lati della facciata ci sono due finte colonne poggianti su alte basi, i cui capitelli sostengono un architrave a più rifasci, sopra il quale la facciata termina imitando il frontone del tempio greco, con al centro una decorazione ovale in forma di corona o ghirlanda. Al colmo della facciata c’è una croce in ferro battuto decorata con raggi all’incrocio dei due bracci.

La chiesa è preceduta da un ampio cortile o mattonellato con mattoni d’argilla rossa, e recintato da dieci arcate a tutto sesto in muratura, e alla base di ogni arcata, fra pilastro e pilastro, ci sono dei grandi blocchi di pietra di Taormina, che fungono da rustici sedili e che certamente facevano parte dell’antico tempio, come è pure pensabile che anche il tempio greco fosse preceduto da questa spianata antistante, che serviva come luogo di raccolta dei pellegrini, in attesa di entrare nel tempio per assistere alle sacre cerimonie.

La facciata sud, che ha incorporato e conservato fino a noi il muro della cella del tempio di Giove Serapide mostra tre comuni finestre che furono aperte nella facciata sopraelevata alla fine del sec. XVII.

A sinistra della facciata principale si apre l’ingresso alla Sagrestia preceduta da un piccolo cortile adiacente alla facciata nord in cui sono visibili altri blocchi squadrati di calcare taorminese dell’alto muro della cella dell’antico tempio.

Sopra la sagrestia e in posizione arretrata rispetto alla facciata principale della chiesa s’innalza il campanile, il cui pianterreno costituisce la Sagrestia; la sua parte mediana è costruita con blocchi squadrati di pietra di Taormina, con un oblò aperto in ognuna delle quattro facciate. La parte superiore del campanile è decorata da quattro archi a tutto sesto, uno per ogni lato con stipiti, archi e chiavi d’arco in pietra di Taormina, che costituiscono le aperture a cielo aperto della camera campanaria, in cui sono allogiate le campane. Infine, sopra un ricco architrave quadrato, s’innalza una cupola decorata anch’essa da quattro piccole aperture ad arco, una per lato, e sopra di essa, che è esagonale, c’é una cupoletta, pure esagonale e con quattro piccole aperture ad arco, sormontata da una sfera di pietra, in cui è infissa una piccola bandiera in ferro battuto girevole, con funzione decorativa e di segnavento.

Entrando in chiesa, sopra il portale c’è il soppalco con l’organo, dove prendeva posto il coro durante i solenni pontificali con messa cantata, ed esso è recintato da una ringhiera in ferro battuto.

Sul primo altare minore a destra entrando, c’è il quadro con tela ad olio che rappresenta il martirio del Vescovo San Nicone e dei suoi 99 monaci, uccisi nella contrada Scimandra, presso Castelmola, durante le persecuzioni contro i Cristiani. San Nicone era un sacerdote napoletano, che coi suoi 99 monaci era venuto a stabilirsi presso il fiume Akesines (Alcantara) ed ora poi diventato Vescovo di Taormina.

Sul secondo altare minore a destra entrando, c’è il quadro con tela ad olio che rappresenta San Pietro che consacra Vescovo San Massimo, successore di San Pancrazio nella Diocesi di Taormina.

Sul primo altare minore a sinistra entrando, c’è il quadro con tela ad olio, che rappresenta il martirio di San Procopio, il quale era il Vescovo dì Taormina al momento della conquista della città da parte dei Saraceni, il cui capo lbrahim-ibn-Ahmed lo fece suppliziare mediante l’estirpazione del cuore, perché non aveva voluto abiurare la sua fede cristiana e convertirsi all’islamismo; assieme a lui furono suppliziati mediante decapitazione i suoi chierici.

Sul secondo altare minore a sinistra entrando, c’è un grande Crocifisso di cartapesta o cartone romano. Fra il primo ed il secondo altare minore a destra entrando, c’è un affresco raffigurante il Vescovo Teofane Cerameo mentre pronunzia una sua omelia, di cui sono riprodotti alcuni passi; Teofane Cerameo fu l’ultimo Vescovo di Taormina nel sec. XI, quando la sede vescovile fu abolita dai Normanni.

In cima alla grande arcata a tutto sesto che precede ed incornicia l’altare maggiore c’è la seguente iscrizione: “Ego primus et absque me non est Deus” (Io sono il primo e sono l’ultimo, e fuori di me non v’è Dio). Una bassa ringhiera in ferro battuto immette all’altare maggiore, ricco di marmi policromi di Taormina, con ai lati due colonne di stile jonico, uguali alle quattro che adornano il portale esterno. In cima all’altare ci sono otto angeli, quattro per lato, e al centro c’è il busto di Dio benedicente con la destra e che s’erge tra le nuvole, sotto la figura di Dio c’è la Madonna col Bambino.

A destra dell’altare maggiore c’è l’affresco che rappresenta il martirio di San Pancrazio.
 A sinistra dell’altare maggiore c’è l’affresco raffigurante lo sbarco di San Pancrazio a Naxos, che avvenne nell’anno 40 d.C., sotto l’impero di Caligola, mentre il suo martirio avvenne nell’anno 100, sotto l’impero di Traiano (98-117 d.C.). San Pancrazio, discepolo di San Pietro, fu Primus Siciliensium Epi­scopus, cioè fu il primo Vescovo dei Siciliani, come dicono le agiografie greche.

A destra dell’altar maggiore c’è la sedia pontificale, in forma di poltrona dorata di velluto rosso, stile Luigi XIV;. dietro la sedia c’è lo stendardo della Congregazione di San Pancrazio, decorato con filigrana d’argento e realizzato nel 1870, in cui è riprodotto lo stemma della Confraternita con la mitria ed il bastone pastorale, le insegne vescovili di San Pancrazio.

Sopra e dietro l’altar maggiore c’è la grande nicchia in cui è alloggiata la statua di San Pancrazio Antiocheno, seduto sulla sua vara, cioè il fercolo o portantina, con cui vie­ne solennemente portato in processione durante i festeggiamenti in suo onore il 9 luglio. 
La statua di San Pancrazio è di cartapesta o cartone romano, ed è decorata con oro zecchino; il Santo, scuro in viso come i Siriaci o Siriani, è rappresentato seduto, con la destra benedicente e con la sinistra che tiene il bastone pastorale .
La sua “Vara” e rettangolare, con sei colonnine che sostengono sei archi, due per ogni lato lungo e uno per ogni lato corto. La Vara, fatta con legno di arbanello e cipresso fu costruita nel 1885 dal falegname Nicolò Cozzo; infatti, sulla base frontale della “Vara” c’è scritta, scolpita nel legno, la seguente dedica: Costruita di(sic!) Nicolò Cozzo – 1885. Questa Vara fu fatta su imitazione di una precedente. Sotto la sedia di San Pancrazio c’è la seguente iscrizione a pittura: Vetusta signabat ann. 1519, haec de ano confecta signat ann. 1887, (la vecchia Vara recava la data anno 1519, questa fatta quest’anno reca la data anno 1887). Sulla base posteriore della vara c’è incisa questa dedica: Il popolo al suo Patrono – 1885.

La grande nicchia in cui è custodita la statua del Patrono di Taormina e la sua vara era una volta tutta affrescata con motivi floreali che furono distrutti quando la chiesa fu ristrutturata; qualche frammento di affresco è ancora visibile sui bordi della nicchia.

Il pavimento della chiesa è ricco dei marmi policromi di Taormina che creano una bella scenografia. Subito dopo il portale entrando, c’è sul pavimento una grande lapide molto decorata con intarsi dei variopinti marmi di Taormina che formano ricchi motivi floreali, fra cui spicca per la sua lugubrità un teschio alato, come un pipistrello, di marmo rosa, e sulla lapide c’è la seguente iscrizione: Lustris Christi templum – antistes consecratocto – hic corpus linquens spirtus – astra petit – secula post plura urnam hanc – construxere sodales – ut cineres tumulent – dent animasq 3 – Deo – Patre D.re D. Mario Campagna – anno MDCLXXXXVII (il sommo sacerdote di Cristo ha consacrato il tempio con sacrifici purificatori – lo spirito abbandonato questo corpo sale in cielo – dopo molti secoli i Confrati (della Confraternita di S. Pancrazio) costruirono questa tomba per seppellirvi le ceneri (i cadaveri dei Confrati) – e dedicarono le anime a Dio – essendo Padre Direttore don Mario Campagna nell’anno 1697).

Sul pavimento, poco prima della balaustrata in ferro battuto che immette all’altare maggiore, c’è una lapide molto decorata con intarsi di marmi policromi, avente al centro uno stemma con due stelle divise da una banda dentellata e con un fiordaliso in basso, e con quattro teschi agli angoli, su cui c’è la seguente iscrizione: Pregate per me povero peccatore mori l’anno 1696 a XIX Luglio. Sulla lapide della tomba comune della Confraternita di San Pancrazio c’è anche lo stemma di questa Congregazione, rappresentante una mitria e un bastone pastorale, cioè le insegne della dignità vescovile. Subito dopo la tomba della Confraternita, al centro del pavimento c’è una grande stella in marmo verde scuro. Sul pavimento davanti all’altar maggiore, c’è la seguente iscrizione dedicatoria, contornata da un fregio di marmo verde scuro. Anno Domini 1847 – hoc decennio opus multaque alia – fecerunt Confrates – cura diligentiaque gubernatoris Pancratii Atenasio Vos posteri unquam desistite, cioè, "nell’anno del Signore 1847 – i Confrati (della Confraternita di S. Pancrazio) fecero quest’opera durata dieci anni e molte altre (nella chiesa) sotto la cura e la diligenza del governatore (della Confraternita) Pancrazio Atenasio voi o posteri non desistite mai (continuate la nostra opera)”.

Una mensola continua corre tutt’intorno lungo le pareti interne della chiesa sotto il soffitto, e su questa mensola-cornicione sono sistemati a distanza simmetrica 16 vasi di legno scolpito, con funzione decorativa. Un piccolo lampadario in ferro battuto e vetro di Murano scende dal soffitto in corrispondenza della balaustrata in ferro battuto che immette all’altar maggiore, quasi per una corrispondenza fra due elementi della stessa natura.

La Sagrestia, che come abbiamo detto occupa il pianterreno della torre campanaria è composta di due stanze.

Nella prima stanza, a cui si accede dal cortile esterno, è custodito il quadro con tela ad olio, col ritratto di Biagio de Spuches, raffigurato stante e vestito con la toga di Presidente del Supremo Tribunale, e decorato con la croce della sua alta carica. Sul retro del quadro, c’è la seguente lunga iscrizione, scritta col pennello: “Ill.mo Sig.re D.D. Biagio de Spuches e Corvaja, dei duchi di S. Stefano de Briga, marchese di Schisò, conte del Giglio, o sia La Molara, barone di Kaggi, dopo esercitate tutte le magistrature, pervenne all’alta presidenza del Supremo Tribunale del Sacro Patrimonio, Pubblica Salute, e del Commercio. Nacque in Taormina, mori in Palermo e fu sepolto nella regia chiesa di San Domenico, del quale convento era Protettore, ove esiste il suo sarcofago. Be­nefattore di questa venerabile chiesa del suo Protettore San Pancrazio, con aver­le lasciato onze 40 annuali per donazione in Notar Cristofaro Ragusa di Palermo, 24 gennaro 1741, e riconosciuta dal capitolato discusso per la città di Taormina a l’anno 1822”. Nella stessa stanza della Sagrestia in cui si conserva il ritratto di Biagio de Spuches e Corvaja, nella parete opposta c’è uno stemma di Taormina, pittura su legno, con la centauressa che tiene in ogni mano una triplice torre. In questa stanza si conserva anche la vecchia vara del Santo Patrono, che fu sostituita con quella fatta dall’artigiano Nicolò Cozzo nel 1885.

Nella seconda stanza della Sagrestia, che è in corrispondenza dell’altar maggiore e a cui si accede anche dall’interno della chiesa, c’è un’artistica fontana in marmo di Taormina, incassata in una nicchia ad arco, con un putto che sorregge una vaschetta di marmo rosso a forma di conchiglia, e con una maschera fontanaria in forma di stemma una testa di angelo funge da chiave dell’arco che circonda la fontana. Sul pavimento davanti alla fontana c’è una lapide di mano bianco,su cui c’è uno stemma con un gallo che canta, e con la seguente iscrizione epigrafata: “Aspice mortalis stellis – oculare memento vociferat gallus noxia – cuncta fleto – 1749”, cioè “Ricordati, grida il gallo, tutta la colpa mortale e col pianto agli occhi volgi lo sguardo alle stelle – 1749”. Si tratta chiaramente di un atto di contrizione permanente ad uso e consumo dei preti e dei chierici che frequentano sempre la Sagrestia a causa del loro ministero sacerdotale. Al centro di questa seconda stanza c’è una botola in marmo rosa di Taormina. probabilmente la bocca di un antico pozzo per la raccolta dell’acqua piovana.

San Pancrazio nacque ad Antiochia e fu mandato da San Pietro in Sicilia come Vescovo di Taormina. In Sicilia riuscì a convertire parecchi pagani, i suoi nemici durante un banchetto volevano costringerlo a baciare un idolo di legno, ma il Vescovo con un segno di croce lo ridusse in frantumi. Questo gesto gli costò la vita, infatti fu martoriato e ucciso.
Il patrono di Taormina si festeggia il 9 luglio, ma solo ogni quattro anni si svolge la festa solenne, durante la quale sia la Vara di San Pancrazio che quella di San Pietro vengono portate in processione per le vie del paese.

INDIRIZZO

Salita San Pancrazio
TELEFONO: +39 0942 23269 / +39 347 0348765 / +39 0942 625424 / +39 348 8456716

ORARI VISITE

Dalle 09:00 alle 18:00

ORARI MESSE

ORA SOLARE
Festivo: Ore 09:00.

ORA LEGALE
Festivo: Ore 09:00.

TARIFFE

Ingresso gratuito.

Chiesa di San Pancrazio

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